Ucraina, ecco quanto fatto da Vacallo!


Quando la politica lascia fare alla società

 

 

L'accoglienza ai rifugiati ucraini potrebbe sembrare a prima vista un moto emozionale destinato ad esaurirsi presto, dove singoli, associazioni e istituzioni si muovono ciascuno per conto proprio. Ma quando queste ultime si mettono al servizio della società supportandola nelle iniziative di aiuto e sostegno ai profughi, ecco che vediamo all'opera qualcosa in grado di costruire il bene e durare nel tempo: si chiama sussidiarietà. Per questo oggi vi portiamo a Vacallo, esempio straordinario di lavoro comune per il bene comune. Torniamo poi a occuparci di guerra, questa volta con un affondo sul sanguinoso conflitto nei Balcani. Trent'anni fa, nell'aprile del 1992, iniziava infatti l'assedio di Sarajevo. Un'analisi del Federalista con i racconti di due testimoni d'eccezione: Paolo Rumiz e Toni Capuozzo.

 

Qui c’è qualcosa di eccezionale, ci siamo detti, che va documentato fin nei particolari perché è nei particolari che viene a galla una storia di efficienza e di efficacia che per sua natura l’ente pubblico difficilmente potrebbe interpretare. Una storia che invece “la gente” potrebbe scrivere molto più frequentemente, quasi normalmente. Dovremmo scollarci di dosso lo scetticismo che in questi giorni già comincia a far capolino in noi, dopo il primo impatto dei ticinesi con il dramma degli ucraini venuti a bussare alla loro porta, e ci fa mormorare “mah, chissà quanto dura questa solidarietà? E poi?”.

 

E poi… si tratterebbe di capire cosa sta succedendo e di valorizzarlo. Il fatto è che abbiamo perso la consapevolezza che la società e il suo spontaneo organizzarsi, nascono prima della politica in senso istituzionale. L’illusione che basti affidare i bisogni sociali (la cultura, l’educazione) alla politica, allo Stato sociale e all’ente pubblico (dal Comune al Cantone e via salendo) perché la risposta ai bisogni sia “più efficace e giusta” è, appunto, un’illusione, dalla quale presto o tardi ci toccherà ridestarci. La politica e gli strumenti pubblici che essa inventa e struttura sono in realtà necessari, sono “invenzioni” preziose, oggi indispensabili. Ma se l’iniziativa dei cittadini che nasce e sale dal basso anziché valorizzata e sostenuta viene guardata con sospetto, la stessa politica e le stesse istituzioni pian piano si svuotano di sostanza, di senso, si inaridiscono.

 

Tutto questo si chiama sussidiarietà. Ma non facciamola troppo lunga né difficile. Apriamo gli occhi e guardiamo, non solo con stupore e gratitudine verso questi comuni nostri concittadini (tra i quali ci siamo forse anche noi) che si danno da fare, ma domandiamoci anche se emergenze come questa, con i bisogni urlanti dei nostri amici ucraini colpiti da una sventura atroce (e gli altri rifugiati?), non siano l’occasione perché una società si risvegli, prima che siano altre tragedie, come il covid, a sconvolgere le nostre vite, le nostre intoccabili abitudini, la nostra fortuna targata “Svizzera”.

 

Nessuno si adombri se accendiamo i riflettori su un solo Comune, sulla gente di un solo paese, piuttosto che su quella di altri, e ce ne sono tanti in Ticino. Nel caso di Vacallo c’è qualcosa di “perfetto”, se lo guardiamo in un’ottica di sussidiarietà. Un sindaco che vede nascere e poi in qualche modo presiede e coordina –senza bisogno di lasciapassare istituzionali ma articolandosi con le istituzioni- un moto di iniziativa che viene dai suoi concittadini e dal mondo dell’associazionismo ancora così vivo in tanti nostri Comuni. Concittadini che spesso –ci ha detto Marco Rizza- sono pensionati pieni di tempo e di energia che gli rivelano: “Spesso ci annoiamo, ce ne fossero di occasioni come questa”. 

 

Vacallo si mobilità per gli ucraini


Che cosa succede a Vacallo? La mobilitazione nel Paese del Mendrisiotto di fronte all’arrivo dei fuggitivi dalla guerra ucraina sta giustamente facendo notizia. Un’intera comunità, ad ogni livello, anche oltre i limiti amministrativi del villaggio, si muove per rispondere a una domanda d’aiuto.

C’è chi possiede appartamenti sfitti e li mette a disposizione, accollandosi anche le spese correnti. Gli abitanti del Paese forniscono i mobili per arredarli. Montagne di mobili, tutti di buona qualità. Poi servono vestiti, giocattoli per i bambini, prodotti per l’igiene, scarpe, televisori, importantissimi per i nuovi arrivati, che così possono tenere il contatto con il loro Paese natale. Ogni richiesta ottiene una risposta impressionante, tanto va oltre, spesso, agli stessi desideri espressi.

 

Quindici famiglie, madri, figli piccoli e grandi, nonne e nonni, vengono accolti nel Paese (in tutto attualmente 65 rifugiati). Dopo un paio di giorni di spaesamento vengono travolti dalla strabordante generosità dei loro ospiti. Il punto di raccolta delle donazioni, il cosiddetto “negozio”, ne è l’emblema. I doni superano di gran lunga le necessità. 

 

Non solo i cittadini. Alcune aziende della regione si mobilitano. Il fruttivendolo di Chiasso decide di fornire prodotti freschi ai nuovi arrivati. Un’altra ditta fornisce tegami e padelle. Un’azienda di logistica aiuta nell’arredamento e nel mettere in funzione elettrodomestici e televisioni. Imprese attive nell’alimentare donano salumi e formaggi. C’è persino chi traduce in ucraino i documenti necessari per affrontare l’inevitabile burocrazia locale.

 

Poi ci sono le associazioni. Quelle sportive, a partire dalla SAV Vacallo, che si offre di accogliere i giovanissimi ucraini che vogliano praticare la pallacanestro, ma anche il calcio, la ginnastica, eccetera. Ovviamente la popolazione raccoglie abiti e scarpe sportive, le associazioni forniscono le loro casacche. Le chiese di varie confessioni mettono a disposizione i loro spazi. 

 

La società si muove, il Comune accompagna


Per capire di più incontriamo il sindaco Marco Rizza, recandoci al “negozio”, uno spazio commerciale a pian terreno del palazzo in cui sono accolte la maggior parte delle persone giunte dall’Ucraina.

 

L’iniziativa non è venuta dal Municipio, ci spiega. Il primo passo lo ha fatto Yohanna, direttrice di un’agenzia immobiliare (TiAffitto). È lei a scoprire la disponibilità dei primi 12 appartamenti che un proprietario mette a disposizione. Grazie ai suoi contatti è possibile accogliere subito i rifugiati senza farli passare dai trasferimenti da un centro all’altro (con la fatica di molti traslochi, se non con il trasferimento in un altro Cantone). “La prima famiglia che abbiamo accolto qui, ci spiega Marco Rizza, una mamma con sei bambini, era già ‘in cammino’ da tre settimane. Poterli accogliere subito in un appartamento arredato e fornito di cibo per noi è stata una grande gioia”.

 

Il Comune non fa che dar seguito all’iniziativa che viene dalla società civile. All’inizio la Cancelleria comunale svolge un ruolo di mediazione tra richieste e disponibilità. Rilascia un comunicato con una richiesta di generi alimentari e mobilio. E una lunga lista di altri bisogni. In poco più di una settimana si dà un tetto a 65 persone, tra le quali 34 minorenni.

 

Decisivi i molti volontari che si fanno avanti. Una quarantina in tutto, impegnati ormai da settimane. Ognuno contribuisce con quello che ha o sa fare. Come Giorgio, Maestro in pensione che siede a un tavolo con noi. Tra le mani decine di fogli e tabelle fittamente scritte. Si è occupato assieme a una squadra di volontari di mettere ordine nella marea travolgente delle disponibilità ad aiutare arrivate dagli abitanti di Vacallo e del Mendrisiotto.

 

“All’inizio siamo partiti dalle esigenze più basilari”, ci dice, “dare un tetto e un letto ai nostri ospiti, poi col tempo abbiamo fatto in modo che i loro appartamenti diventassero sempre più confortevoli e accoglienti. Anzi quando si riesce si sostituiscono i mobili che risultano inadatti. Questa mattina abbiamo sostituito il letto a una signora incinta che non riusciva a dormire”. Non sono capricci, ci spiegano, e la solidarietà dei vacallesi non pone limiti. E poi, per quanto si speri che gli ucraini possano tornare a casa presto, va considerata la possibilità che debbano fermarsi a lungo.

 

Giocattoli e lezioni di italiano


Andare incontro alle esigenze dei nuovi venuti è appagante, ci dicono. E poi c’è la soddisfazione di vedere sul viso dei bambini che giocano nel quartiere un po’ di spensieratezza dove prima dominava il timore e la stanchezza.

 

I giocatoli sono richiestissimi. “Abbiamo ricevuto questa mattina una grossa donazione e in cinque minuti erano già spariti”, ci spiega Paola, un’altra volontaria. “Qualcuno ha addirittura ritrovato in casa un gioco in ucraino”, aggiunge Giorgio.

La maggior parte di loro sono già a scuola, undici alle elementari, tre alle scuole dell’infanzia, alcuni alle medie e alle superiori. Le società sportive spalancano loro le porte. Il loro inserimento nella comunità avviene così in tempi record rispetto alla procedura “ordinaria” che seguono in genere gli altri profughi ucraini.

Succede anche un fatto che diremmo provvidenziale. Su 65 rifugiati 64 non conoscono alcuna lingua al di fuori delle due parlate in Ucraina, russo e ucraino. Ma con l’ultima famiglia arrivata, una mamma con una bimba piccola e un adolescente, arriva anche Irina che di mestiere fa l’insegnante di italiano. Perdinci, quando si dice che la fortuna aiuta gli audaci… Detto fatto, negli spazi messi a disposizione dalla parrocchia insegna la lingua, la mattina agli adulti, il pomeriggio ai bambini. Un altro corso viene organizzato dalla locale chiesa evangelica.

 

Anche il Comune parla ucraino


“Il primo Sabato, dopo una settimana”, ci dice il sindaco Rizza, abbiamo proposto un incontro conoscitivo, per illustrare le regole del Comune, durante una colazione. Abbiamo spiegato come funzionano i servizi comunali, come smaltire i rifiuti, dove potevano trovare le infrastrutture, il parco giochi, le scuole, e così via. Volevamo soprattutto farli sentire parte di una comunità, perché oggi sono, a tutti gli effetti, vacallesi”.

 

Un aiuto arriva anche da ucraini residenti in Ticino. “Abbiamo fatto tanto a livello pratico per metterli nelle condizioni di capire. Quattro persone già residenti in Ticino, di madrelingua ucraina, ci hanno aiutato a tradurre tanti documenti necessari ai rifugiati. A ognuna di queste stesse persone abbiamo anche affidato 3-4 famiglie a testa, per far sì che qualcuno sia sempre in contatto con loro, onde raccogliere le loro esigenze tempestivamente e poterli raggiungere con le comunicazioni utili”. Sul sito del Comune intanto viene creata una sezione in ucraino, che mette a disposizione informazioni orientative.

 

All’inizio c’era per esempio da capire quali fossero i generi alimentari che preferivano cucinare, le abitudini alimentari sono molto diverse. La mediazione è stata utile. Adesso l’accompagnamento verso una maggiore emancipazione dei profughi ucraini consiste nell’affiancare alle donazioni alimentari dei buoni spesa. Tutti soldi arrivati da privati donatori.

 

Mentre parliamo arrivano anche Gian Carmine, Sergio e Cristiano. Scaricano un paio di mobili voluminosi da un furgoncino marcato SAV. Prima di salutarli li seguiamo fin nell’appartamento di una famiglia Ucraina. È quello di Irina e della sua famiglia. Irina, che ieri in un’intervista televisiva ha espresso la sua stupita gratitudine.

 

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Fonte articolo: ilfederalista.ch

 

Pubblicazione: 

15 Aprile 2022